Miss Comandante ha 30 anni e una saggezza da lupo di mare
Posted on : 11-02-2010 | By : admin | In : Tradizionale
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Intervista a distanza di “VITA e MARE” con Laura Pinasco, sul Ponte della nave “Stella Deneb” in Australia. Ampia sintesi.
Al comando della Stella Deneb appartenente alla Siba Ship c’è una donna. E’ Laura Pinasco, ha compiuto trent’anni e l’armatore le ha dato fiducia: comanda una nave porta-bestiame, la più grande di tutti i mari. Laura Pinasco ha iniziato a navigare nel 1997. Ha assunto il comando la prima volta nel 2003.
In un ambiente quasi tutto maschile, come quello marittimo, ha incontrato qualche difficoltà nel fare carriera?
Non credo che le donne abbiano vita facile in ambienti di lavoro; ho avuto parecchie difficoltà. Nel 1997 quando ho fatto il primo imbarco sentivo ripetere sempre la stessa frase: “in Italia non siamo ancora pronti per avere le donne a bordo”; dopo 10 anni ancora la sento. Al termine del mio primo imbarco, non mi è stato compilato l’estratto di navigazione fuori dagli Stretti con la scusa che a me non mi sarebbe mai servito!
Ci sono anche compagnie ed armatori illuminati, come la Siba ed il sig. Mauro Balzarini, che invece hanno coraggio di scommettere sulle donne. Io, per fortuna, non sono né il primo né l’unico comandante donna in Italia.
Perché ha scelto questo mestiere?
Nelle Medie, a Lavagna (GE), dove studiavo, era venuto a parlare il prof. Nicoli del Nautico di Camogli. Mi colpì talmente che, nonostante non avessi alcuna tradizione marinara in famiglia, decisi d’iscrivermi. Partecipai al corso post-diploma e salii a bordo la prima volta. Da quel momento, nonostante le difficoltà iniziali e la mancanza d’imbarchi, niente mi ha più fermato. Ricordo ancora l’emozione del primo imbarco, quando lasciammo la diga foranea di Genova. A volte, forse, potrò sembrare esagerata, mi sembra di aver provato un vero amore per questo stile di vita; niente avrebbe potuto fermarmi. Poi negli anni, è anche fisiologico, gli amori si trasformano.
Ha scelto Lei di comandare una nave porta-bestiame, o è stato un caso?
Il comando viene designato dall’armatore. Sono entrata in Siba nel 2006 dopo aver trascorso quasi tutta la mia vita lavorativa sulle LPG di cui gli ultimi tre da Primo Ufficiale. Ho colto volentieri questa opportunità perché avevo voglia di cambiare. All’inizio è stato difficile. La “Stella Deneb” è grande; ha 36000 metri quadrati a disposizione del carico, impianti nuovi per me, problemi di stabilità e pescaggio da risolvere…
Che differenza c’è, nella gestione della nave, tra una mercantile classica ed una porta-bestiame?
Su questa nave ci sono 89 membri di equipaggio, gli stockman australiani ed 1 veterinario. Durante il loaded passage arriviamo quasi a 100. Come in ogni nave ci sono i turni di guardia, la sicurezza da seguire, i certificati da rinnovare, la manutenzione ecc. L’organizzazione di bordo viene elaborata in funzione degli animali e del loro benessere.
Sulla “Stella Deneb” sono imbarcati 49 giovanotti di coperta, o/s, dediti alla cura degli animali, 1 nostromo che è un personaggio chiave in quanto organizza i lavori e riferisce al Primo Ufficiale, 4 marinai per la navigazione e la manutenzione. Ci si sveglia tutti presto per il primo feeding; i giornalieri iniziano alle 6 del mattino; l’intera giornata è dedicata alla pulizia ed all’approvvigionamento del bestiame, che siano pecore, mucche, bufali o cammelli. Di notte si organizzano le ronde nelle stalle. Gli stockman ed il veterinario curano la salute degli animali e cooperano con l’equipaggio in tutte le mansioni. Gestire 90-95 persone appartenenti a cinque nazionalità e di quattro religioni differenti, può sollevare problemi, ma non è impossibile. Si può lavorare in armonia, come quasi sempre succede; e poi, per fortuna, il lavoro è molto, anche per i cuochi che hanno il loro daffare per accontentare tutti.
La formazione in Italia l’ha aiutata rispetto ai suoi colleghi stranieri?
L’Italia ha una grande tradizione marinara, e questo deve essere riconosciuto. La ricchezza dei libri a nostra disposizione, il numero e la distribuzione degli Istituti Nautici ne sono una prova. Tuttavia la tradizione si va piano piano perdendo o forse trasformando. Si naviga con persone di altre nazionalità, si confrontano esperienze e modi di lavorare e di apprendere che sono altrettanto validi. In molte altre nazioni la scuola nautica è un college o un’accademia statale; alla fine del corso triennale viene rilasciata una vera laurea. Gli allievi hanno già 22-23 anni, sono preparati e soprattutto sono molto più disciplinati degli italiani.
Consiglierebbe ad altre ragazze questo mestiere?
Non lo farei a cuor leggero. Non sono pentita; ho avuto una vera folgorazione per questo lavoro e ho avuto le mie soddisfazioni.
Ma è desolante il panorama per un’eventuale lavoro a terra. Molte corporazioni piloti o compagnie di rimorchiatori portuali vedono le donne come una vera minaccia. Una maternità sarebbe per loro una perdita di profitti inaccettabile.
Il Prof. Aldo Nicoli risponde
Cara Laura Pinasco,
complimenti per aver assunto il comando di una grande nave a soli trent’anni.
L’intervista è interessante e schietta. Mi ha voluto ricordare e la ringrazio cordialmente. Fin dalle prime settimane di scuola intuii il suo talento che, accompagnato dall’interesse per le materie professionali, l’ha portata a concludere gli studi del Nautico in modo eccellente.
L’intervista si chiude con una nota un po’ pessimistica. Non nego che lei abbia ragione; ma vorrei argomentare sugli esami per entrare nella corporazione dei Piloti. Il mio amico A.M., (illo tempore candidato, ora da qualche anno in pensione), aveva i migliori requisiti, anche la credenziale di un anno da comandante, per superare gli esami. Tentò più volte, finché entrò e divenne Pilota. Anche lei, come il mio amico, rifiuta la raccomandazione. Ciò le fa onore. Sono convinto che insistendo troverà, nella commissione, dei gentiluomini che sapranno valutarla, scevri da ogni condizionamento e da altre estranee considerazioni. Riuscirà.
Lei ha toccato anche un altro punto importante. I giovani ufficiali stranieri che escono dalle accademie statali, dopo tre anni di studio hanno in mano una vera laurea.
Ed io aggiungo: in Italia invece niente. Dopo due anni di corsi post-diploma e dopo tutti i corsi previsti dalla STCW dall’inizio della carriera fino alla fine hanno in mano un attestato di Comandante a termine. Indubbiamente gli Ufficiali italiani non sono tutelati: le Capitanerie di Porto non sono interessate al problema, i dirigenti della Pubblica Istruzione divisione Nautici non ci pensano minimamente, l’Armamento… non è il loro compito; rimane Il Collegio Capitani, si batte bene, ma arriva dove può.
Invece sappiamo che i giovani Ufficiali della Marina Militare sono laureati, molti dei Sottufficiali sono messi nella condizione di acquisire una laurea breve triennale.
Veramente una strada ci sarebbe: studiare al Navale (l’Università Parthenope di Napoli); non i cinque anni, ma tre anni per la laurea breve in Scienze Nautiche. Ma occorrerebbe andare a Napoli! E poi sono tre anni che non fruttano alcunché nella carriera del navigante.
Penso che un Comandante, con almeno un anno di comando, abbia maturato, dopo il diploma, dopo tanti corsi specialistici e tanta esperienza per mare (non ultima la padronanza della lingua inglese), abbia maturato, appunto, tutte le condizioni per raggiungere la laurea breve dopo un solo anno di corso universitario e senza l’obbligo di frequenza: laurea in Discipline marittime e navali (in Italia ci sono già 5200 corsi di laurea!). Analogo discorso vale per un Direttore di Macchina.
Cara Laura, con la volontà e le capacità che ha, lei non tarderà, un domani, a trovare un buon posto a terra o meglio, assecondando i suoi desideri, tra terra e mare…
Dire che le donne sono viste come una minaccia (!) mi sembra un pò esagerato e controproducente proprio per la "causa". In Italia attualmente ci sono due "Pilotesse" che esercitano una al Nord e una al Sud. Francamente non avevano alcuna raccomandazione particolare, c'è una formula ben precisa che alla fine delle prove di esame e in base alla navigazione effettuata e all'età porta ai numeri che decidono la graduatoria d'esame. Parlando in generale ci può stare il colpo di fortuna e viceversa la sberla di sfortuna. E' capitato di vedere candidati preparatissimi avere la tremarella e perdere la freddezza necessaria in un'eventuale situazione critica di manovra. Per contro è capitato di trovare qualche candidato che è andato a sostenere l'esame "tanto per provare" e poi si è trovato dentro…magari anche a distanza di 6 mesi. I tempi sono cambiati, caro Professore, ci sono tanti controlli, tante possibilità di sgamare giochini strani…Per esperienza personale Le posso dire che il gioco non vale più la candela come una volta e che se uno non ha un concorso vicino casa è meglio che non ci va neanche a provare, perchè si rovina veramente la vita! Cordialmente, un pilota che lavora fuori…
Concordo con il Comandante Pinasco circa i pregiudizi che riguardano le donne in un ambiente marinaro, non avvezzo a situazioni come la maternità e a tutto ciò che ne consegue, spesso mal gestito e mal tollerato anche a terra. Assistiamo da un lato ad una lotta sui media per esaltare e per vedere eguagliati i diritti tra uomini e donne in tutti i campi di lavoro, dall'altro, dal lato pratico, tutti i datori di lavoro che assumono una donna, vivono con il perenne incubo di perdere un valido elemento per mesi o per sempre il giorno che entra in maternità, o di avere una palla al piede da mantenere fino a quando, dopo aver preso tutto il possibile in termini economici saluta e se ne va.
E' in effetti un paradosso e il mondo marinaro non era pronto e non si è mai preparato ad affrontare il discorso "donne a bordo". Rare eccezioni come il Comandante Pinasco o le due Pilota in Italia sono esempi unici più che il segno di una svolta che faccia cadere i pregiudizi di cui siamo impregnati tutti, più nei fatti che a parole.
Non credo, tuttavia, che il trovare un posto come Pilota o nei rimorchiatori, piuttosto che come ispettore, sia difficile in quanto donna, si tratta di posti di lavoro il cui accesso è subordinato a una miriade di elementi che se non combaciano, rendono vano ogni tentativo, a prescindere dalla preparazione e dall'impegno.
Si tratta di trovarsi nella condizione giusta, al momento giusto, nel posto giusto, che è molto, molto difficile da realizzare, ancora di più da programmare con ampi margini di tempo.
Resto convinto che alla base della riuscita di un impresa ci sia un obiettivo da perseguire sempre e comunque, senza andare alla deriva, ma scegliendo ogni momento di correggere la rotta per raggiungere il proprio porto di destinazione.
Uno che è stato in mare
Com.te Pinasco, lei rappresenta con onore tutte le donne che hanno scelto questo stile di vita,nonchè il mio punto di riferimento costante.
Con stima e ammirazione
Uff.le di navigazione Immacolata Solimeno.
ho sentito parlare di due donne pilota una a venezia e l'altra ad augusta; non ho ancora incontrato nessuna e penso sia molto bello perchè renderebbero l'ambiente molto più gentile, basta pensare quando a bordo viene la moglie di qualche marittimo subito il personale cambia nei modi e nelle gesta.
ho visto molti ufficiali donne che non hanno niente di meno di noi uomini, anzi alcune sono veramente preparate.io sono contento di navigare da 1° uff.le di coperta ma sicuramente se uno vuole migliorare deve provare a fare il pilota, per tanti motivi.
comunque un grande augurio di tante felici occasione alla nostra Comandante