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La teoria e la pratica del Diritto della Navigazione

Posted on : 03-08-2012 | By : admin | In : Diritto

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a cura del
Comandante Capitano di lungo corso Sergio TREVISAN

Alle Medaglie d’Oro al valor militare della nostra Marina. Un nome per tutti: Luigi Durand de la Penne, uomo di straordinario coraggio e grande lealtà, ammirato ed insignito anche dal nemico.
Verso la conclusione del mio primo viaggio da comandante, era l’agosto del 1956, portavo la rinfusiera (bulk-carrier) verso Trieste (provenendo dal Mar Nero) ed ero a poche ore dall’arrivo: stavo costeggiando le isole della Dalmazia per infilare la nave nel filone più forte della corrente, che lì è favorevole per rotta NW. Desideravo anticipare l’ETA e, conseguentemente, la “prontezza” della nave. Verso mezzogiorno l’ufficiale di guardia mi invita ad osservare con i binocoli sulla sinistra a meno di un paio di miglia: sì! C’è uno che nuota vistosamente, si ferma e sbraccia, poi riprende a nuotare. Ordino subito al timoniere: “barra a sinistra”; poco dopo al Terzo: “ferma la macchina”. Il 3° chiama il nostromo per approntare salvagente e biscaglina. Mi avvio in coperta proprio mentre stava salendo a bordo un giovane aitante, 190 di centimetri e di muscoli, ma con la stanchezza ed i primi sintomi della disidratazione appiccicate negli occhi e sul viso. Con un filo di voce si limita a domandare “dove ziete direti ? “ Gli rispondo: “a Trieste”. Allora si avvicina, mi abbraccia e mi accorgo che comincia a singhiozzare! Dall’accento e dalla pronuncia di quelle sue poche parole intuisco che sia un istriano-dalmata. Aveva addosso qualche indumento. “Andiamo; ti risolleverai, e poi ci scambieremo qualche “ciacola”.
Comandi!
Fulvio (questo è il suo nome) mi racconta:
Sono partito due sere fa, con due amici, da Cherso a bordo della mia motobarca da pesca, apparentemente per pescare, ma con la ferma intenzione di fuggire per sbarcare in Italia. Procedemmo subito verso S-SE per eludere meglio (così credevamo ) la sorveglianza delle motovedette militari jugoslave. Poi accostammo a dritta e prendemmo il largo puntando decisamente verso la costa a nord di Ancona. Quando già pensavamo di avercela fatta (stimavamo di essere ben fuori delle acque territoriali jugoslave), vedemmo avvicinarsi da poppa la sagoma di una motovedetta. Al sopraggiungere ci fu intimato l’alt e puntato il proiettore della luce, l’aldis. Scattò allora lo stratagemma preparato: accesi una piccola torcia e rallentai fin quasi a fermarmi; così operando mi sottrassi per qualche istante alla luce del proiettore e ciò consentì ai due compagni, a prua, di scivolare in mare, silenziosamente; lasciai alla barra del timone un manichino seduto; barra al centro; presi la cima e scivolai anch’io in acqua; spinsi la poppa per far accostare un po’ l’imbarcazione e tirai la cima agganciata ai comandi del motore per lanciarlo a tutto gas. La reazione della motovedetta fu una sventagliata di mitra e l’inseguimento della barca. Intanto, però, mi ero allontanato dai miei amici, che non ho più visto e sentito. A questo punto mi alzo e chiamo il Terzo per ordinargli di perlustrare la zona per due ore e di rinforzare il servizio di vedetta; di scrivere tutto l’evento sul ”brogliaccio” di navigazione, per le successive trascrizioni sul Giornale Nautico. Trascorsi la giornata con la speranza di essere avvistato. Vedevo di tanto in tanto qualche nave transitare, ma erano lontane. Sopraggiunse la seconda notte, lunga, interminabile. All’alba del nuovo giorno si riaccese la speranza: sempre l’ultima a morire. Fulvio si avvicina ai suoi stracci, ancora bagnati. Il giubbotto, all’interno, è gonfio di sugheri; in un taschino ha una borraccia sagomata, per l’acqua; dall’altro taschino tira fuori un pacchettino avvolto in due o tre fogli di nailon incollati, ed estrae una carta piegata, ancora asciutta, che dispiega e me la porge: è il suo certificato di diploma, anno 1943, conseguito nel Regio Istituto T. Nautico Statale “Nazario Sauro di Lussinpiccolo. “Ma allora siamo colleghi!”
È proprio quello a cui aspiro: navigare; navigare necesse est,come dicevano i latini. Se non comincio ora, che ho già 31 anni, non ce la farò più; ed il merito sarà suo, sior comandante. Ti ho raccolto (e possiamo darci del tu, siamo quasi coetanei) per dovere morale di ogni uomo, oltre che di navigante: ce lo ricorda un articolo del codice della navigazione. Art. 490, comma 2
Ti ricordi anche il numero dell’articolo, bravo!
Mi fai venire in mente che quando ero a scuola, il professore di Diritto mi rifilò sulla pagella l’unica insufficienza perché non gli seppi recitare tutto questo articolo a memoria! Quando si dice: i casi della vita…  
Passarono undici anni da quel salvataggio allorché si ripresentò l’occasione di tornare a Trieste con la nave. Ero attraccato da circa un’ora quando mi vidi recapitare un invito a cena al salone-birreria Dreher; invito esteso al Primo (l’ex Terzo) ed a chiunque altro di mio gradimento. Telefonai alla Dreher per avere conferma; poi chiamai mia moglie e mio figlio, che erano a Venezia. Appena entrammo nel grande salone, l’orchestra intonò
Va pensiero, sull’ali dorate
e mi venne incontro Fulvio. Non fui sorpreso. Ci riabbracciamo con reciproca, intensa commozione.
Una serata indimenticabile, tra fiumi di birra e vino, e frutti di mare. Migliore atmosfera non era immaginabile: il caso volle che in sala ci fossero numerose famiglie di emigrati giuliani, rientranti dall’Australia dopo tanti anni, con i quali fraternizzammo. Nel mezzo della serata il comandante Fulvio prende il microfono e mi presenta a tutto il pubblico narrando quel drammatico episodio che diede la svolta alla sua vita. Porge omaggi ai miei, al Primo una medaglia d’oro personalizzata, a me una stupenda targa decorata con il campanile di San Marco ed il leone col libro aperto: inciso in caratteri d’oro, tutto il 2° comma dell’articolo 490:“È del pari obbligatorio, negli stessi limiti, il tentativo di salvare persone che siano in mare o in acque interne in pericolo di perdersi”.In un angolo, ancora un’incisione, piccola, voto: 5. Sorrisi ed applausi.
“Fulvio, ed i tuoi compagni? ”
Ah, sì, Sergio; Ivo fu raccolto da una nave dell’Adriatica; naviga. Edgar fu riacciuffato dalla motovedetta…

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