In primo piano

Navigare negli stretti dei Dardanelli e nel Bosforo Navigare negli stretti dei Dardanelli e nel Bosforo a cura del Comandante Antonio Cherchi A differenza del Canale di Suez, di Corinto e di Panama, dove l’ingegno dell’uomo ha creato importanti...

Continua a leggere

Pianificazione del viaggio transoceanico  Pianificazione del viaggio transoceanico a cura del Comandante Renato Prolovich Le conoscenze tecniche necessarie per comandare oggi una nave oceanica nell’epoca dell’elettronica e della tecnologia...

Continua a leggere

Canale della Manica Il Canale della MANICA   a cura del Comandante Giovanni SANTORO   Ero giovane 3° Ufficiale quando, nel lontano 1958, con la carboniera “Teti” facevo i viaggi tra i porti atlantici degli...

Continua a leggere

Canale di Suez CANALE DI SUEZ   a cura del Professore di Navigazione Bruno GAZZALE Il canale di Suez ha una lunghezza navigabile di Km 193,25, dalla coppia di boe Hm. 195, a Port Said inizio braccio di levante,...

Continua a leggere

Canale di Panama CANALE DI PANAMA   a cura del Comandante Capitano Superiore di Lungo Corso Giuseppe QUARTINI Primo transito ufficiale nel Canale: 15 agosto 1904 lo S. S. “ANCON” da Colon, rada di Cristobal in...

Continua a leggere

  • Prev
  • Next

Un tempo era arte Navale

Posted on : 16-09-2012 | By : admin | In : Letture Moderna, Moderna

0

APPROFONDIMENTI E INTEGRAZIONI AL CAPITOLO XI

PIANIFICAZIONE ED ESPERIENZE DEI COMANDANTI

7. UN TEMPO ERA ARTE NAVALE.

ovvero la possibile trasformazione del navigante nel corso degli anni

A cura del Capitano di Lungo Corso

Mario Sincich

Buongiorno,
dopo più di 40 anni di attività mi sento di scrivere alcune riflessioni che la mia lunga esperienza mi ha portato a fare durante tutto questo tempo:
quando cominciai, nel lontano 1966, anno della mia promozione al Nautico di Genova, mi ritrovai, durante il servizio militare quale allievo Ufficiale di complemento presso l’Accademia Militare di Livorno, a diretto contatto con la dura vita dei marinai di una volta. Una vita fatta di fatiche e duri sacrifici, solo marginalmente vissuta come quella delle vere navi a vela: un assaggio che mi ha fatto pensare che pochi della mia generazione avrebbero potuto sostenere.
A quel tempo mi dicevo: ormai sono tempi passati (nemmeno da tanto) e la vita adesso è cambiata!
Ci si è fatti l’esperienza! … sì ma è tempo di voltare pagina!
Nel 1969 approdai alle navi che fanno ancora parte del mondo di oggi anche se in progressiva estinzione poiché quasi radicalmente superate dal progresso. Ricordo i primi imbarchi sulle navi a carico generale con 6 stive e fino a 30 bighi (picchi di carico), adibite a rotte che toccavano l’Africa, l’India, il Bangladesh, il Pakistan, Singapore, Hong Kong, Giappone, Corea, Taiwan, Australia, Nuova Zelanda, e la Cina. Le merci erano le più disparate, ognuna con le sue caratteristiche e necessità di stivaggio: trattori, bobine di cavi, locomotive, camion, riso, canapa, filati, amianto, rame, olio lubrificante, olio commestibile, lattice, corna di animali non pulite della carne, cannella, thè, cocco, casse di tutti i generi, materiale cantieristico, marmo in blocchi squadrati e in pietre, auto, containers (i primi), legname catramato e grezzo, vetri e specchi in casse, cartoni, casse, bauli, rottami, parti di ricambio, spezie e profumi, e poi materiale inquinante, velenoso, ossidante, infiammabile, … petardi e mi fermo qui altrimenti chi mi legge rischia di addormentarsi.
Quanta esperienza come Super-cargo (più di 12 anni effettivi), e la passione per questa attività mi hanno impegnato giorno e notte fisicamente e con il cervello nel continuo assillo di non contaminare la merce, non danneggiarla, mantenere i livelli di sicurezza richiesti dalla nave, pensare a come stivarli, come imbarcarli, sbarcarli, etc.! Quanti sacrifici in navigazione in 3a e 1a guardia, in porto 24 ore su e giù per le stive con il solo aiuto del 3° ufficiale … salvo rari momenti, sempre a bordo per tutto il periodo di imbarco. Bruciato dal sole dei tropici e dell’equatore e poi raffreddato dai climi freddi giapponesi e nord europei … Come me quanta gente a seguire un lavoro tanto faticoso quanto mai uguale! … ma sempre all’aria aperta che, eccezion fatta per gli olezzi dei porti più arretrati (quasi tutti), una per tutte l’inconfondibile puzza delle farine di pesce cadute tra le rotaie delle gru e putride per il caldo e le piogge(chissà quanti di voi ricorderanno bene quel “profumo caratteristico”).
Poi venne l’era dei traghetti, arie asfissianti del garage, trailers, mafi, trattori, ancora rame in barre e catodi. E grandi fork lifts in grado di alzare containers di 30 ton come se fossero fuscelli……
Ancora richiesta di attività di pianificazione e tanto mare: bello o brutto, ma sempre per mare.
Finalmente, dopo tanti anni ci si è fatti l’esperienza! … sì ma è tempo di voltare pagina!
Nel frattempo ha preso il via il container! Cambia tutto: si passa da ogni tipo di merce a “scatole” di 6 0 12 metri, con molte meno esigenze, ma su navi completamente cambiate dal punto di vista strutturale: si parla di guide, slots, e coordinate! Il calcolo di stabilità che sulle navi a merce varia si faceva con l’ausilio di uno strumento (stabilometro) alla partenza per il viaggio ed a fine caricazione, ora viene richiesto alla partenza da ogni porto e, viste le LOA sensibilmente aumentate e più simili alle bulk carriers e petroliere, ora compaiono gli stresses … da tenere sotto stretto controllo ad ogni porto, prima con interminabili calcoli fatti a mano o con l’ausilio delle prime calcolatrici; io avevo, ho ancora, una Casio che funziona in Basic programmabile facendo risparmiare svariate ore di lavoro e sopra tutto riducendo di molto la possibilità di errori.
Ecco che, fatte salve le ferree regole che impongono i carichi pericolosi ed i frigoriferi, ora si tratta di scatole: stabilità, pescaggi, stresses, e sempre per mare. Soste limitate dal progresso, giro mondo in 76 giorni, con 20-22 porti, fino a 190 ton/die di fuel bruciate nelle caldaie e medie di 24 nodi …
In partenza da Zeebrugge o Wellington per la traversata si organizza la lettura contemporanea dei 6 pescaggi; per il controllo della pesatura nave si allentano i cavi e si riempiono le casse di stabilità per controllare il GM; poi all’arrivo in Australia, a Freemantle, la “barra” ci costringe a vuotare gran parte dell’acqua dolce dal gavone di poppa per entrare in porto con 50 cm di stabilità.
Nel 1995, dopo essere stato mandato ad Amburgo a ritirare una nave precedentemente polacca, ho avuto anche la soddisfazione, grazie alle mie conoscenze di programmazione, di preparare per essa e la sua gemella, con l’aiuto del Prof Stenner del Nautico di Trieste, il programma per il calcolo di stabilità pescaggi e stresses, programma poi approvato dal R.I.Na. per utilizzo ufficiale.
Ed ecco fatta una nuova esperienza! … sì ma è tempo di voltare pagina!
Nel 1995 rientro in un programma di “prestito di personale” tra Società consorelle per cui mi si chiede di organizzare la caricazione su navi multipurpose (merce varia e containers) dal mediterraneo al Sud America occidentale. Che bello, quanto è interessante e coinvolgente: si lavora ancora con i piani fatti a matita, ci si sposta da una città all’altra seguendo la nave e si controlla la caricazione della nave fianco a fianco al personale portuale. Spagna, Francia, Italia, di nuovo fatica, ma quanta soddisfazione alla fine!
Purtroppo “di un bel piano di carico non fu mai scritto!!!”
Nel 1996 abbandono definitivamente la navigazione per seguire la mia passione: svolgere attività di planner caricare le portacontainers sempre più grandi , attività che non si limita più ad una nave sola (quella su cui si naviga) ma che ora viene richiesta per organizzare più caricazioni contemporaneamente: l’attività di shipplanner e yardplanner al Terminal svolta per 6 anni ½ al Voltri Terminal Europa mi concede una vita vicino casa e non mi richiede più di solcare i mari:
non vedrò più quelle meravigliose albe dell’oceano indiano, oppure i reef dell’Africa orientale belli e pericolosi, non più arrivi nella suggestiva Hong Kong, non più trafficate file indiane nel Shimonoseki Kaykio, o nei paraggi di Singapore e Nord Europa, né Panama, con il fascino dei suoi trenini. Non più cieli plumbei nella Malacca e non più pirati. Non più maltempi a sud dell’Alaska, o depressioni tropicali o monsone e fusi orari in avanti e indietro … il giro mondo fatto per una quindicina di volte non mi farà più portare l’orologio indietro di un giorno… per ripetere la stessa data. Non più notti senza luna in mezzo ad un oceano altrettanto scuro fatta eccezione per quei due meravigliosi, fluorescenti “baffi” creati dal plankton disturbato dalla prua che ineducata solca le acque verso l’incomprensibile meta che non ha mai fine.
Ora turni giorno e notte per 362 1/2 giorni l’anno: escluso Natale, mezza giornata capodanno, 1 maggio.
Navi su navi, piccole, grandi, feeders, oceaniche: tecniche e problematiche di stoccaggio contenitori a piazzale, sequenze di sbarco/imbarco e strutture nave sempre diverse ed esigenze diverse. Calcoli di rese sempre accertati, trasferimenti di personale da una nave all’altra o sul piazzale per il miglior utilizzo possibile, e sopra tutto contatti con svariati planners dislocati ovunque nel mondo e con la più disparata conoscenza dell’inglese. Si mastica spagnolo e francese, giusto il necessario per capirsi, Oxford è lontana, ma la regola per noi marinai dell’arrangiarsi sempre, è materia che le università dovrebbero prendere in considerazione e richiederne le tesi.
Ed ecco fatta una nuova esperienza! … sì ma è tempo di voltare pagina!
In questi ultimi anni si sono venuti a creare un po’ ovunque nel mondo dei centri chiamati “Tonnage Center” ove dei planners operano l’attività su più navi contemporaneamente, senza muoversi dall’ufficio.
Nel 2002 abbandono il Terminal (le notti sono estenuanti) ed i ritmi di lavoro stridono con la scarsità di personale facendo diventare la vita a volte insopportabile.
Il salto di qualità lo farò questa volta andando a fare il planner di linea per un Joint di 5 Società a livello mondiale, le cui navi -12 prima e 7 poi- più grandi, sono impiegate tra il Mediterraneo e il Sud-Est America.
Ora il “puzzle” dipende principalmente da me: la caricazione, le soste in porto, i ristivaggi, l’ottimizzazione nave, i “pericolosi”, i frigoriferi, i carichi break/bulk, la stabilità, gli stresses, la velocità, i consumi, lo scambio di porti e/o l’omissione per l’insorgere di inaspettati problemi (scioperi, rotture gru, maltempi , congestioni etc) dipendono da me.
Io devo valutare il tutto e proporre ai Partners quali possono essere le soluzioni possibili e migliori dal punto di vista dei costi, dei consumi, dell’immagine, e del mantenimento dell’itinerario. Senza ovviamente tralasciare la collaborazione con il Comando nave. Un lavoro che impegna molto, se fatto seriamente, in cui la parola disponibilità assume quasi più importanza delle esigenze familiari.
Il contatto via e-mail con i Partners, i terminals, i comandanti e le agenzie ci fa vivere e “conoscere” persone che non abbiamo mai visto e forse mai vedremo, in una “ comune intesa” che porta alla collaborazione ed al risultato finale! Bellissimo!
Approdare all’Ufficio JOCO GOA (Joint Coordination Office in Genoa) mi porta al top della conoscenza dell’esperienza e, fiore all’occhiello dell’Azienda, mi fa piano piano crescere la consapevolezza che nel mio lavoro vi sono tante e tali variabili che mai nessun programma di computer, almeno per le capacità ed attrezzature attualmente disponibili, sarà in grado di sopperire il lavoro dell’uomo-planner!
Questa è un’altra rivincita sul progresso che tenta inesorabilmente di soppiantare l’homo sapiens !
Ed ecco fatta una nuova esperienza! … sì ma è tempo di voltare pagina !
Sì perché il mondo si evolve, si profila la nuova tipologia di lavoro per il planner: lavoro ovunque ci si trovi !
In effetti cellulare, e-mail, computer portatile, banda larga, non richiedono più la presenza in Ufficio!
Ma forse corro troppo adesso: i vecchi concetti del lavoro e la diffidenza radicata nella classe dirigente italiana vogliono ancora la presenza in ufficio: in Inghilterra, ed altri Paesi Europei sono già più avanti in tal senso poiché viene considerato il risultato del lavoro svolto anziché le ore in cui si è stati impegnati per svolgerlo: ma questi sono altri argomenti , … questa è un’altra storia!
Ed ecco fatta una nuova esperienza! … sì ma è tempo di voltare pagina!
Scusate, mi sono sbagliato, io ho finito!
Lascio a qualcun altro probabilmente più bravo di me e più all’avanguardia, senz’altro più giovane, il compito di continuare a scrivere questa storia: a parte qualche possibile attività di consulenza penso di non poter ulteriormente ampliare la mia esperienza che a dire il vero mi comincia a pesare, in quanto fa a pugni con i vecchi concetti di chi dovrebbe maggiormente considerare il Capitano come una opportunità per avvalersi di esperienza, correttezza nel lavoro, capacità decisionale, e capacità di superare gli imprevisti, specialità di cui è dotato per sua stessa natura: altrimenti non sarebbe un navigante!

Un ringraziamento ai Docenti del Nautico di Genova dove ho studiato con profitto e fino al diploma.

Lascia un commento

CAPTCHA
*